Ieri (giovedì 23 giugno) a Fiumicino il flash-mob/evento in contrasto alla violenza di genere (vedi il video in fondo al post) e a favore di politiche che sappiano aiutare la donna nel momento più sensibile e pericoloso: quello della denuncia. Eppure le leggi e la burocrazia dei decreti non ci aiutano.
Così a Roma, nella Capitale d’Italia, rischiano di chiudere quei già pochi presidi che danno assistenza alle donne vittime di violenza.
Chiude così SOSDonna H24 (Casale Rosa) in via di Grottaperfetta, “un luogo dove 1934 donne (ad oggi) hanno trovato sostegno psicosociale psicologico legale educativo per uscire dalle situazioni di violenza che stavano vivendo”.
Rischia così di chiudere il Centro Antiviolenza Colasanti e Maria Rosaria Lopez in via di Torre Spaccata, che “dal 1997 ha aiutato e seguito quasi 10.000 (per l’esattezza 8958 alla data di oggi) donne, provenienti da tutti i municipi di Roma, oltre che da altre città e regioni di Italia. Ha inoltre ospitato più di 300 donne, con figli minori”.
Rischiano così di chiudere la Casa Internazionale dei Diritti Umani delle Donne e Casa di Semiautonomia Giardino dei Ciliegi.
Questo perché, si legge in una nota stampa, “il 20 aprile u.s. è stato varato il Decreto Legislativo n. 50 (“Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e sugli appalti pubblici) e il Comune di Roma ‘ha determinato’ di NON EMANARE NUOVI BANDI NE’ CONCEDERE PROROGHE in mancanza di direttive attuative del decreto stesso, nonostante i fondi necessari siano messi a bilancio”.
Si fa presto a dire “denuncia!” se poi non si creano le condizioni per la salvaguardia e tutela per le donne e dei loro figli.
Quindi: bene l’educazione sentimentale, la prevenzione, la sensibilizzazione ma serve garantire la sussistenza dei centri già attivi e il trasferimento di più fondi dal governo centrale alle amministrazioni locali per aprire, almeno nei comuni più grandi, case rifugio e sportelli antiviolenza.