“Il sazio non capirà mai il digiuno” sintetizza così Pietrangelo Buttafuoco che, nel corso di una bella puntata di Otto e mezzo su La7, ha analizzato in poche parole il tipo di destra interpretata da Casa Pound. Un fascismo sociale.
Il terreno dello scontro è tra diritti sociali e diritti umani. Perché quando si ha fame non si pensa ai diritti degli omosessuali o degli immigrati.
E’ una guerra tra deboli. Tra chi vuole vedersi riconoscere l’applicazione del diritto di cittadinanza (un lavoro, una casa, una pensione, più welfare) e chi cerca di affermarsi nei sui diritti sociali e umani.Una guerra che la politica italiana tende ad alimentare, cavalcare, rincorrere…raccogliendone grossi bottini in campagna elettorale.
La paura fa da leva.
“Ci rubano il lavoro”, “ci mangiano welfare e sanità”, “portano malattie e violenza”, “vanno contro natura”. Sono i mantra che sentiamo tutti i giorni sui mezzi pubblici, al bar, alla posta, in banca, in pescheria. È il ventre molle e dolente di un Paese anziano, in affanno, in piena crisi sociale e in cui il solo ed unico vettore culturale (e di massa) resta la tv.
E la destra più estremista, populista, ne coglie il senso: “prima gli italiani”.
Organizza la distribuzione di viveri, va nelle case, parla di lavoro, del diritto alla casa, di sussidi, di sicurezza. E’ infatti nei contesti più periferici e difficili che la destra cresce. Perché si fa trovare. Si fa sociale.
Non è la destra che parla con le lobby, con i poteri forti, con le multinazionali, con le banche. Ma è un tipo di destra che, se vogliamo, agisce sul campo della sinistra, il campo dei più deboli.
Accresce il proprio consenso su temi a cui il centro sinistra sembra non aver rinunciato, ma certamente appare incapace di dare risposte concrete e credibili, incapace di affrontare con chiarezza e coraggio le questioni più spinose, scegliendo invece di rincorrere la destra sul suo stesso piano di gioco, perdendo credibilità e consenso.
E’ qui che i partiti di sinistra devono recuperare terreno.
Ma serve un cambio di rotta. “La sinistra, o perlomeno quell’area che si usa chiamare progressista o democratica e che è in profonda crisi in tutto l’Occidente – spiega oggi Mario Calabrese su repubblica.it – deve avere il coraggio di guardarsi dal fascino della convenienza, del cavalcare le pulsioni del momento, le parole d’ordine dei populismi, prima di tutto perché inutile elettoralmente, secondo perché non viene capito nemmeno dai tuoi. Allora non resta che la strada della convinzione. Essere convinti delle proprie idee, avere il coraggio di aggiornarle, di metterle a fuoco e di mostrarle. Quale progetto di Paese, di società, di sviluppo, quale agenda di diritti e doveri e quale anima”.
Perché se il centro sinistra, se il PD, continua a fare il verso alle varie forme di populismo, alla destra e ai mondi che questa rappresenta, tanto vale, per l’elettore, votare gli originali (Sicilia docet).

“[…] la sinistra deve chinarsi – per prima – sulle inquietudini e sullo spaesamento democratico delle fasce più deboli della popolazione, ma non può cavalcare le loro paure, incrementandole come la merce politica più pregiata del momento. Rimane dunque una retorica innaturale di populismo in camicia bianca, ammiccante ma responsabile, alla fine velleitario, oltre che contro natura. La cifra dell’epoca, invece, avvantaggia la destra, abituata e legittimata a trattare il cittadino da individuo, nel suo isolamento e nelle sue nuovissime gelosie del welfare […]”.